cap 3

UNA STORIA INFINITA

EGITTO, ASIA MINORE, MAGNA GRECIA, ROMA: SI AMA!

 

Non so se un giorno qualcuno riuscirà a scrivere davvero la storia dell’Amore umano. Ci hanno provato in tanti ma non sono mai approdati a molto. D’altra parte, come e dove raccogliere le informazioni che discendono dalla preistoria?

L’Amore umano nella notte dei tempi.

Risalgono forse a 20.000 anni fa i primi graffiti che ci sono giunti, le prime immagini che rappresentano una donna nuda 1), ornata di collana 2), oppure una donna con ai piedi un uomo probabilmente estasiato dalla sua presunta bellezza 3).

<<Si può pensare che gli uomini primitivi a causa del freddo fossero molto coperti, dando il valore della nudità come spettacolo raro e ricercato>> 4).

Si sa che la figura femminile fin dalla preistoria ha ispirato l’estro maschile che si è cimentato da sempre in raffigurazioni delicate e amorevoli. Gli studiosi fanno risalire a 17.000 anni fa un antico affresco dell’ "epoca magdalemiana" 5) dove si vede una donna dal portamento elegante e slanciato nell’atto di raccogliere il miele sulla scala.

L’era glaciale finisce attorno ai 10-12.000 anni a.C.. C’è ancora uno spazio di due o tremila anni per arrivare al periodo storico. Di quel periodo gli studiosi di sociologia preistorica dicono che siano apparsi i primi nomi degli individui e dei luoghi. I primi nomi si riferiscono alla donna che sembra essere la mediatrice della vita familiare e quindi della procreazione e dell’amore coniugale e familiare. Qualcuno ha definito questo tempo "ginecocratico", per la posizione della donna la quale, con il suo potere generativo, guida la vita affettiva della famiglia.

L’Amore nella storia d’Egitto.

L’Egitto è la civiltà più antica fra quelle che ci hanno lasciato importanti testimonianze anche nei confronti dell’amore.

Qui la donna appare molto importante nella vita sociale, familiare e religiosa. 6)

La religione poi insegna che il potere di generare della coppia divina Iside e Osiride continua anche oltre la morte….

Le mogli dei faraoni sovente hanno dominato la scena sociale e quindi hanno esercitato il loro potere accanto ai mariti, principi consorti. Questo schema probabilmente era riprodotto anche nell’ambito tribale e familiare.

L’Amore è l’elemento essenziale della vita degli egiziani e la donna ne è il polo; l’uomo è dedito alla caccia, alla guerra, a procurare il cibo per la famiglia ed anche all’educazione dei figli dopo che questi sono stati svezzati dalla madre.

L’influenza culturale dell’Egitto si fece sentire fortemente negli Ebrei (che in un certo senso ne derivano: Abramo e la sua gente nel secondo millennio a.C. sono vissuti in dialogo culturale con gli egiziani), ed anche nei popoli Fenici, Greci e Assiro Babilonesi.

Se la civiltà egizia è la più antica del bacino sud orientale del Mediterraneo, è tuttavia molto antica anche la civiltà della Mesopotamia dove vivono Assiri Babilonesi e Sumeri.

Le prime notizie di questi popoli riguardano i Sumeri, abitanti la parte della terra chiusa tra il Tigri e l’Eufrate, e risalgono a 5.000 anni prima dell’era cristiana: 7.000 anni fa.

Tra queste genti il maschio, difensore della famiglia e della stirpe, appare superiore alla donna anche se essa continua a sostenere il proprio ruolo. Il matrimonio è monogamo, anche se mantenere le concubine diventa lecito quando la moglie è malata o sterile.

Re Hammurabi, 2000 anni a.C., pubblicò un codice di 252 articoli di cui 64 sono una specie di codice morale che regola l’amore familiare.

Si insegna, per esempio, l’avversione al divorzio che è proibito se ci sono figli. Se e quando ha luogo, la prima moglie non viene mandata via ma deve convivere nella casa addirittura con un ruolo di superiorità nei riguardi della seconda!

<<I delitti a sfondo sessuale vengono severamente puniti. Il rifiuto di sposare una giovane sedotta può portare alla decapitazione. La moglie adultera è gettata in acqua legata al suo amante; sotto la dominazione degli Assiri si tagliava il naso alla donna e si evirava il partner!>>. 7)

L’Amore in India

Qui la donna fin dalla preistoria è subordinata all’uomo; l’incesto (il rapporto sessuale tra genitori e figli ed anche tra fratelli e sorelle) è represso con la pena capitale! Buddha vieterà il matrimonio tra parenti fino al sesto grado. La fedeltà coniugale è codificata e dev’essere assoluta, soprattutto per la moglie…

In certi periodi storici alle vedove si ordinò di restare tali per tutta la vita.

L’Amore dei Greci

Chi scrive la storia dell’Amore umano dei Greci deve stare ben attento alle fonti perché risentono di un grave limite, nel senso che documentano aspetti contraddittori, per posizioni culturalmente preconcette. Mi spiego: secondo la mitologia greca la vita sessuale-amorosa è intensa e sfrenata partendo dagli dei che con i loro amori, intrighi e matrimoni decidono la vita dei singoli e degli Stati.

Ma le conoscenze che provengono dalla storia più profonda dei popoli ellenici ci presentano donne e madri ammirevoli con i piedi per terra, dedite alla vita domestica, nonostante le disparità sociali. Abbiamo semmai una Sparta ascetica e autoritaria opposta ad un’Atene democratica e piuttosto dissoluta anche grazie alla sua opulenza.

La letteratura ci illustra certamente l’uomo comune attratto dalle sacerdotesse dell’amore ma, questa notizia fa piuttosto parte di una fantasia letteraria che la cultura classica ha ampliato e poi consegnato ai posteri.

Forse – scrivono alcuni – queste descrizioni desunte dalla mitologia, quando sono presentate come storia, corrispondono piuttosto a "desideri nascosti o inconsci che la vita reale non consentiva di soddisfare".

Basta pensare a quel tipo di educazione, fondata sul valore, sulla ginnastica sacrificata all’areté (cioè alla virtù della forza d’animo ad immagine degli eroi): l’etica degli eroi di Omero, dell’Iliade, che era narrato ai giovani come maestra di vita, (almeno dall’ottavo secolo a.C., secondo le notizie che ci riporta Platone nel "De Republica", nel 660 a.C.). Le notizie lassiste della mitologia e lo stesso decantato fenomeno della pederastia greca (=l’amore "pedofilo") erano di sicuro dimensionati a fatti eccezionali di tempi decadenti. L’eccezione conferma la regola di un amore identificabile con la serietà della vita, che variava ovviamente da luogo a luogo: da Sparta ad Atene...

Perché poi la famiglia era sacra; a Sparta esisteva la poliandria (scambio di coniugi) solo per sopperire alle necessità di mantenere un nucleo familiare: molti uomini univano i loro sforzi per mandare avanti una stessa famiglia con poche donne…

Nella stessa Atene i matrimoni erano celebrati in età non troppo giovane per permettere di regolarizzare libere unioni avvenute negli anni precedenti. Lo si desume dalla codificazione familiare di Pericle (500 – 429 a C.). Certo, il matrimonio è rescindibile, cioè non indissolubile, perché è un contratto, ma il divorzio non è assolutamente favorito, anche perché il matrimonio ha una parvenza di sacralità per la relazione che gli si attribuisce con le divinità.

La pederastia (impropriamente pedofilia) c’è, e c’è più che in altri popoli, come risultato di una degenerazione della pedagogia quando, a forza di prospettare all’allievo il maestro e suscitare nel maestro un vero amore per l’allievo e viceversa, si è scivolato nel decadimento del maestro che diventerà "erastès" (l’innamorato dell’allievo), e nella corruzione dell’allievo "erotomanès" (l’amico del maestro).

Il passaggio da un piano intellettuale elevato allo sfruttamento dell’allievo o del minore provocherà gravi sconvolgimenti sociali e lo stesso Platone, che in un primo tempo l’aveva esaltato ("soltanto fra uomini può esistere amore divino…!") dovrà, suo malgrado, condannarlo amaramente.

La Grecia pagherà la perversione culturale dell’amore con la decadenza demografica prima e quella politica e sociale poi. Proprio come accadrà a Roma nel tempo aureo dell’Impero (dal 1 sec. a C.). E’ un po’ quel che accade da noi…Le critiche e le autocritiche degli orgogliosi esponenti della cultura laica recente circa il libero amore (es. Marcuse, Sartre e Moravia, ecc.) insegnano già qualcosa alle nostre generazioni….

L’Amore a Roma

Sulla moralità della Roma Antica ci fermeremo più a lungo perché noi siamo latini, vale a dire un ramo discendente della civiltà romana. Vogliamo vedere da vicino il mondo culturale ed affettivo della gente e dei giovani della Roma Antica?

Per capire la vita morale di quei ragazzi bisogna riflettere sull’evoluzione della cultura latina, dalla mitica fondazione di Roma, metà dell’VIII secolo a.C., alla Repubblica che nel giro di tre secoli si consolidò dando vita alla rituale "SPQR" che espresse subito una coesione politica e culturale: Senatus PopulusQue Romanus, per indicare la formidabile unità organica e culturale che fece di un popolo di origine contadina la più grande Urbs del mondo antico.

La vita civica e la stessa moralità furono istituzionalizzate con la prima repubblica, nelle leggendarie XII Tavole che costituivano la prima formulazione del diritto e della pubblica moralità.

Il tempo poi, ci portò all’epopea imperiale con le sempre nuove conquiste ma anche l’inquinamento degli usi e costumi importati con gli schiavi. Questo intaccò l’austerità, tanto che nel II secolo d.C. il lassismo etico (reso fecondo da una cultura raffinata ma frivola accompagnato da una ricchezza sfondata) produsse un femminismo "ante litteram" dove l’amoralità permeava la donna e rendeva permissiva la stessa matrona romana fino a farle abbandonare molti usi e costumi decisamente validi che il cristianesimo non esitò a recuperare e assimilare nel suo modo di vivere.

Va detto che le direttive morali dei tempi dell’Impero tentarono sempre di riferirsi ai padri antichi della repubblica e delle famose Tavole. Nei momenti di decadenza, la memoria, ingigantita dalla nostalgia, richiamava ai "grandi Costumi"(= "mos maiorum"): moribus antiquis stat res romana virisque (= la romanità si basa sugli antichi costumi e sugli uomini!)

In questa situazione, l’educazione del ragazzo romano nei primi anni si svolgeva in casa, serena ma severa, dove la matrona riconosceva come suo primario compito l’educare; Cornelia, madre dei Gracchi, chiama i figli i "suoi gioielli".

In seguito sarà il padre a condurre presso di sé il figlio perché apprenda direttamente dal suo esempio l’amministrazione della proprietà, la condotta dei pubblici affari e anche l’onestà personale per la quale veniva ammonito di stare alla larga dalle "male compagnie".

Sui 16 anni l’adolescente lascia la praetexta o veste infantile, per indossare, dopo una cerimonia festosa, la toga virile, segno della sua pubertà matura e poi iniziare il "tirocinium fori" e quindi apprestarsi al servizio militare. 8)

Durante la sua adolescenza frequenta la scuola del "litterator" (dove si impara a scrivere, leggere e comporre) seguita da quella del "magister litterarius" (dove apprende la letteratura latina e greca) che spesso si svolge sotto una pergola o pensilina. Sperimenta pure la durezza delle discipline in cui era frequente l’uso della ferula (verga) ed impara anche le leggi a partire dalle fatidiche dodici tavole. Non solo apprende a memoria ma anche ascolta dal vivo le controversie.

E’ anche vero che questa austera scuola non sarà per tutti: le scuole quotate sono quelle sostenute dagli aristocratici o dai patrizi mentre a livello plebe i pedagoghi delle borgate lasciano a desiderare sia sul piano culturale che morale.

 

LIBERTA’ E DERESPONSABILITA’: IL PRIMO FEMMINISMO…

Prima di parlarti di come amavano i ragazzi di Roma, lascia che ti presenti l’abbozzo del primo femminismo della storia, quello che si sviluppò in Roma antica nel I secolo d. C. che portò poi al disastro totale dell’impero: un crollo politico, affettivo, familiare e soprattutto demografico.

In nome della cultura e della libertà, in quel tempo i giovani, e le donne soprattutto, sentivano stretti i vincoli della famiglia e del matrimonio sempre più come ostacoli alla loro autonomia ed alla gioia di vivere.

Accanto a donne irreprensibili, si raccoglie la schiera delle "emancipate", che erano piuttosto "sfrenate"; pensa che queste signore, per non invecchiare e perdere in agilità, incominciarono con l’evitare di diventare madri….

Decimo Giovenale (50 – 96 d.C.) ha saputo, in una satira (la sesta) disegnare, a divertimento dei suoi lettori, una serie di ritratti tipici di donne "emancipate" o "democratiche", secondo quel primo femminismo della storia.

Scrive che le donne "in" del suo tempo lasciano il ricamo, la lettura, il canto, la lira e si sforzano con la stessa vivacità di assomigliare agli uomini e anche a superarli nei vari campi.

<<Ce ne sono che si tuffano con voluttà negli incartamenti dei processi o si "ferrano" di politica, curiose delle notizie dell’Orbe terracqueo, ghiotte dei pettegolezzi dell’Urbe e degli intrighi di corte. Tanto impudenti da esporre, in presenza dei mariti muti, con rumorosa sfrontatezza le loro teorie e i loro piani a generali avvolti nel "paludamentum" circa quel che accade fra i Traci e i Seri fino a valutare le minacce che incombono sul re d’Armenia>>.

Le sportive poi, ci dice sempre Giovenale, si uniscono alle partite di caccia con gli uomini, a seno scoperto <<trafiggono i cinghiali d’Etruria>> e quelle <<in abito mascolino assistono alle corse di bighe o si appassionano di scherma>>. <<Vedi come fremente ella si faccia gli appresi colpi…Con lo scudo l’assale…e forse in petto qualcosa di più alto ella vogheggia, e per la vera arena si prepara>>. 9)

Lo scrittore conclude la satira in maniera al quanto caustica:<<Quale pudore aver potrà la donna che il suo sesso rinnega e cinge l‘elmo?>>.

Voglio soddisfarti una legittima curiosità offrendoti un "reportage giornalistico" sulla vita morale dei romani nel secolo di Cristo, giusto 2000 anni fa.

La possibilità ce la offre Pompei, la città sotterrata dalla lava del Vesuvio. Là il tempo è come se si fosse fermato tant’è che visitando gli scavi ci appare tutto cosi com’era nell’attimo della sua distruzione, l’agosto del 79 d. C.

Gli scavi hanno riportato alla luce gli uomini di quel tempo. La città è rimasta piena di ricordi: lapidi, iscrizioni, pitture, statue, graffiti, testimoniano la vita di quei giorni come fosse oggi.

Una studiosa, Anna Perillo, ha annotato le tracce della "moralità sessuale" d’allora raccogliendo le testimonianze degli incontri e delle passioni amorose.

Una miriade di graffiti e iscrizioni testimoniano non solo la presenza delle donne dedite al piacere mercenario, ma anche i nomi, i luoghi, la "disinvoltura", il tariffario e il tipo di prestazioni erotiche.

<<Le prostitute erano facilmente riconoscibili dal loro abbigliamento mascolino costituito da una toga, che a differenza di quello maschile, lasciava le ginocchia scoperte; avevano i capelli tinti di rosso o indossavano una parrucca di questo colore. Erano chiamate Lupae rufae (lupe rosse), per il colore dei capelli, ndr); noctilucoe o falene notturne, o basturie perché si aggiravano nei cimiteri; diabolariae, erano quelle che si vendevano per pochi assi (moneta). Sull’edificio di Eumachia, presso il foro, si attiravano i clienti con insegne scritte a caratteri cubitali sui muri di casa <<Lahis fellat assibus duobus>> (=Lais si vende per due assi) <<Sperantia…octo>>, questa costava di più! 10)

Abbiamo i nomi di queste donne. Erano pubblicati sui muri: sovente nomi romani, come Fede, Speranza, Glicera, Tindari, Veneria, Successa, ma anche nomi di greche come Panta (=Tutto) o Nika (=Vittoria),

In Pompei si trovava, come in certe città occidentali d’oggi, il quartiere sexi!, con le diverse, case bordello, tutto ben indicato in scritte o incisioni.

Il locale a luci rosse più grande era ubicato nel vicolo detto del "Lupinae", <<raggiungibile dal Quadrivio di Olconio, dove s’interseca la via dell’Abbondanza con la via di Stabia. E’ gestito da Africanus e Victor>> 11); di esso rimane tuttora un grosso edificio a due piani con 10 stanze. Forse il lupanare più scic era nella via dell’Abbondanza perché sul fronte di un enorme stabile è stata decifrata l’insegna "Casa degli amanti felici".

Vedi ragazzo o ragazza che mi leggi come non ci sia nulla di nuovo sotto il sole…: oggi la mala storia che si ripete….

Se è vero che historia è maestra di vita sappi che Roma, in meno di tre secoli, rovinò su se stessa; l’involuzione della civiltà nostrana sarà molto più rapida, se non stiamo attenti....

La fedeltà coniugale si spense subito. <<Vivere vitam>> era il look che nel II secolo d.C. e costituiva quella moda <<S’era detto – esclama una di loro al marito – che tu facessi quello che ti piace e potessi fare anch’io a mio talento; se pur tu gridi e mare e ciel confonde, io son di carne!>> 12)

Inutile il tentativo di Augusto, quasi cento anni prima di questi eventi, di fermare la dissolutezza morale, cercando di contrastarla, infierendo contro gli amori colpevoli e ricordando gli avi e le antiche fortune ed anche mandando in esilio gli adulteri.

Della diga morale ormai gli argini erano ceduti. Si assiste, soprattutto nell’aristocrazia, ad una epidemia di crescenti separazioni (si arriva a nove su dieci!) nonostante la "Lex de ordinibus maritandis" formulata appunto da Cesare Augusto.

Oltretutto quella legge mirava semplicemente a frenare la denatalità (grave come oggidì) e tamponare l’insediamento di altri popoli, (per noi i popoli extracomunitari). Aveva addirittura proibito la rottura dei fidanzamenti…i fidanzati si dovevano sposare! Ma fu tutto inutile.

ALLORA, I RAGAZZI COME AMAVANO?

Da quanto abbiamo detto, la storia dell’Amore di Roma Antica va raccontata tenendo ben presente la sequenza temporale. Il tempo della Repubblica e poi il tempo "aureo" decadente dell’Impero: (VIII secolo a.C. –I-IV secolo d.C.).

Nel tempo della Repubblica la cultura classica e giuridica sarà in parte assimilata dalla Magna Grecia. Essa forma la gioventù all’ideale di una crescita sotto il segno del carattere e della forza, per cui si educa ad una vita austera o spartana. L’esperienza familiare ed affettiva è focalizzata sulla tradizione, sulla parentela e soprattutto sull’autorità del paterfamilias.

Di questo tempo ci sono aspetti esaltanti sia della amorevolezza giovanile che coniugale.

A Roma vigevano tre forme di matrimonio tutelato dalla "dura lex"; tutte e tre ponevano la donna sotto la potestà del marito: i tre modi matrimoniali si chiamavano "confarreatio", che avveniva alla presenza del sommo pontefice di Giove capitolino; la "coemptio", che era una vendita fittizia in cui il padre plebeo "emancipava" la propria figlia dandola al marito, infine l’"usus", che avveniva tra moglie plebea e marito patrizio e consisteva nella coabitazione che, se ininterrotta da un anno, produceva i pieni effetti legali del matrimonio. Questi anche se non era indissolubile perché contratto, tuttavia era difficile da rescindere anche perché ben tutelato dalla legge.

Il matrimonio, fino ad impero avanzato, nel suo aspetto esteriore, e perfino nello spirito, assomiglia addirittura al nostro sposalizio; anzi aveva in più un avviamento molto impegnativo nel fidanzamento.

Era preceduto da un solenne fidanzamento.

Pur senza porre vincoli giuridici, - ci spiega lo studioso spagnolo Carcopino nel suo libro "La vita quotidiana" - veniva celebrato secondo un rito che dava forza ad un impegno reciproco che i due ragazzi assumevano, con il consenso dei loro rispettivi padri e davanti ad un certo numero di parenti ed amici dei quali intervenivano come testimoni o si contentavano di festeggiare il banchetto cui erano stati invitati. In concreto il fidanzato consegnava alla fidanzata dei regali più o meno costosi e un anello simbolo di ferro indorato o d’oro zecchino simile alle nostre fedi che la fidanzata si infilava da se, al dito nel quale ancora oggi la si porta, cioè "nel dito vicino al mignolo della mano sinistra".

Proprio per questo noi, con un nome derivato dal latino "volgare" anularius, lo chiamiamo "anulare", senza peraltro ricordarci della ragione per cui lo avevano scelto i romani. Aulo Gellio (125 – 180 d.C.) lo spiega in maniera fantasiosa: <<Quando si apre il corpo umano, come fanno gli egiziani, e si operano le dissezioni (autopsia), si trova un nervo molto sottile che parte dall'anulare e arriva al cuore...! Si ritiene perciò opportuno dare l'onore di portare l'anello a questo dito piuttosto che ad altri…>>. 13)

Con tale diretta relazione stabilita in nome di una scienza immaginaria tra il cuore e l’anello del fidanzamento, Gellio ha voluto sottolineare la serietà cui il fidanzamento era improntato e la solennità dell’impegno che ad esso veniva consacrato. Questo ci fa rilevare soprattutto la profondità del reciproco affetto che si annetteva alla relazione sentimentale che conduce al matrimonio.

Durante il fidanzamento, proprio come accade oggi, si maturava la data del matrimonio.

In quel giorno la fidanzata, "i cui capelli sono stati raccolti fin dalla sera prima in una reticella rossa (numerose allusioni letterarie ci hanno trasmesso anche i minimi particolari), veste l’abito richiesto dall’uso: intorno al collo una tunica senza orli (tunica recta), fermata da una cintura di lana a doppio nodo (cingulum herculeum) e sopra un mantello o palla color zafferano. Ai piedi sandali della stessa tinta, al collo una collana di metallo, sulla testa un velo color arancio fiammeggiante (flammeum) che nasconde pudicamente la parte alta del viso; sul velo è poggiata una coroncina di verbena o di mirto o di fior d’arancio".

Quando ha finito di acconciarsi la promessa sposa accoglie in mezzo ai suoi, il fidanzato, la famiglia e gli amici di lui.

Allora tutti si recano ad un santuario vicino per offrire un sacrificio agli dei che consiste nell’immolazione di una bestia, spesso una pecora o un maiale. A questo punto i testimoni appongono il loro sigillo (timbro, impressione dell’anello) sul contratto matrimoniale.

Il sacerdote pronuncia un auspicio a nome degli dei e qui i due ragazzi si scambiano il reciproco consenso in una forma che indica la fusione definitiva delle loro vite e delle loro volontà: Ubi tu Gaius, ego Gaia!: dove ci sei tu ci sono anch’io!

In quel momento il rito è compiuto e tutti prorompono in acclamazioni augurali come "la felicità sia con Voi!": Feliciter!

Seguono la gioia, il banchetto e poi l’accompagnamento della sposa alla casa dello sposo in un festoso corteo spesso caratterizzato dal lancio di noci…. 14)

Finalmente cala il sipario della sera e si apre la stagione dell’Amore.

 

 

 

  1. Grotta nei pressi di Mentone (Francia)
  2. Grotta di Willendorf (Germania)
  3. Grotta di Laussel (Belgio)
  4. Andrè Moralis – Dominos, Storia della Sessualità – Newton.
  5. Magdalemiana
  6. Gambaro Angiolo, Storia dell’Educazione e della Pedagogia – Gheroni, Torino, 1951, pag. 5.
  7. Eveline Pons, Egypte, Paris, 1959, pag. 14.

(8)Reale Antisero, Laveno. "Filosofia e Pedagogia dalle origini ad oggi – vol. I, La Scuola, Brescia, pag. 212

(9)-Jèrome Carcopino, La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’Impero, Laterza, Bari, pag. 110.

(10)-Anna Perillo "Quelle donne di Pompei dalla toga corta" – Le Sole pag. 24, n. 222-1999-

(11)-Anna Perillo ibidem pag. 24

(12)-Carcopino pag. 111.

(13)-Ibidem, pag. 97.

(14)-Ibidem, pag. 99.

 
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