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gione, il nostro senso del vero e
del bene non sono più un vero
specchio di Dio, le cui possibilità
abissali rimangono per noi eter-
namente irraggiungibili e nasco-
ste dietro le sue decisioni effetti-
ve. In contrasto con ciò, la fede
della Chiesa si è sempre attenuta
alla convinzione che tra Dio e
noi, tra il suo eterno Spirito crea-
tore e la nostra ragione creata esi-
sta una vera analogia, in cui – co-
me dice il Concilio Lateranense
IV nel 1215 – certo le dissomi-
glianze sono infinitamente più
grandi delle somiglianze, non
tuttavia fino al punto da abolire
l'analogia e il suo linguaggio. Dio
non diventa più divino per il fat-
to che lo spingiamo lontano da
noi in un volontarismo puro ed
impenetrabile, ma il Dio vera-
mente divino è quel Dio che si è
mostrato come logos e come logos
ha agito e agisce pieno di amore
in nostro favore. Certo, l'amore,
come dice Paolo, "sorpassa" la
conoscenza ed è per questo capa-
ce di percepire più del semplice
pensiero (cfr Ef 3,19), tuttavia es-
so rimane l'amore del Dio-Logos,
per cui il culto cristiano è, come
dice ancora Paolo, un culto che
concorda con il Verbo eterno e
con la nostra ragione (cfr Rm
12,1).
Il qui accennato vicendevole av-
vicinamento interiore, che si è
avuto tra la fede biblica e l'inter-
rogarsi sul piano filosofico del
pensiero greco, è un dato di im-
portanza decisiva non solo dal
punto di vista della storia delle
religioni, ma anche da quello del-
la storia universale – un dato che
ci obbliga anche oggi. Conside-
rato questo incontro, non è sor-
prendente che il cristianesimo,
nonostante la sua origine e qual-
che suo sviluppo importante
nell'Oriente, abbia infine trovato
la sua impronta storicamente de-
cisiva in Europa. Possiamo espri-
merlo anche inversamente: que-
sto incontro, al quale si aggiunge
successivamente ancora il patri-
monio di Roma, ha creato
l'Europa e rimane il fondamento
di ciò che, con ragione, si può
chiamare Europa.
Alla tesi che il patrimonio greco,
criticamente purificato, sia una
parte integrante della fede cri-
stiana, si oppone la richiesta del-
la deellenizzazione del cristiane-
simo – una richiesta che dall'ini-
zio dell'età moderna domina in
modo crescente la ricerca teologi-
ca. Visto più da vicino, si posso-
no osservare tre onde nel pro-
gramma della deellenizzazione:
pur collegate tra di loro, esse tut-
tavia nelle loro motivazioni e nei
loro obiettivi sono chiaramente
distinte l'una dall'altra.
La deellenizzazione emerge dap-
prima in connessione con i po-
stulati della Riforma del XVI se-
colo. Considerando la tradizione
delle scuole teologiche, i riforma-
tori si vedevano di fronte ad una
sistematizzazione della fede con-
dizionata totalmente dalla filoso-
fia, di fronte cioè ad una determi-
nazione della fede dall'esterno in
forza di un modo di pensare che
non derivava da essa. Così la fe-
de non appariva più come viven-
te parola storica, ma come ele-
mento inserito nella struttura di
un sistema filosofico. La sola
Scriptura invece cerca la pura for-
ma primordiale della fede, come
essa è presente originariamente
nella Parola biblica. La metafisica
appare come un presupposto de-
rivante da altra fonte, da cui oc-
corre liberare la fede per farla
tornare ad essere totalmente se
stessa. Con la sua affermazione
di aver dovuto accantonare il
pensare per far spazio alla fede,
Kant ha agito in base a questo
programma con una radicalità
imprevedibile per i riformatori.
Con ciò egli ha ancorato la fede
esclusivamente alla ragione pra-
tica, negandole l'accesso al tutto
della realtà.
La teologia liberale del XIX e del
XX secolo apportò una seconda
onda nel programma della deel-
lenizzazione: di essa rappresen-
tante eminente è Adolf von
Harnack. Durante il tempo dei
miei studi, come nei primi anni
della mia attività accademica,
questo programma era fortemen-
te operante anche nella teologia
cattolica. Come punto di parten-
za era utilizzata la distinzione di
Pascal tra il Dio dei filosofi ed il
Dio di Abramo, Isacco e Giacob-
be. Nella mia prolusione a Bonn,
nel 1959, ho cercato di affrontare
questo argomento e non intendo
riprendere qui tutto il discorso.
Vorrei però tentare di mettere in
luce almeno brevemente la no-
vità che caratterizzava questa se-
conda onda di deellenizzazione
rispetto alla prima. Come pensie-
ro centrale appare, in Harnack, il
ritorno al semplice uomo Gesù e
al suo messaggio semplice, che
verrebbe prima di tutte le teolo-
gizzazioni e, appunto, anche pri-
ma delle ellenizzazioni: sarebbe
questo messaggio semplice che
costituirebbe il vero culmine del-
lo sviluppo religioso dell'uma-
nità. Gesù avrebbe dato un addio
al culto in favore della morale. In
definitiva, Egli viene rappresen-
tato come padre di un messaggio
morale umanitario. Lo scopo di
Harnack è in fondo di riportare il
cristianesimo in armonia con la
ragione moderna, liberandolo,
appunto, da elementi apparente-
mente filosofici e teologici, come
per esempio la fede nella divinità
di Cristo e nella trinità di Dio. In
questo senso, l'esegesi storico-
critica del Nuovo Testamento,
nella sua visione, sistema nuova-
mente la teologia nel cosmo del-
l'università: teologia, per
Harnack, è qualcosa di essenzial-
mente storico e quindi di stretta-
mente scientifico. Ciò che essa in-
daga su Gesù mediante la critica
è, per così dire, espressione della
ragione pratica e di conseguenza
anche sostenibile nell'insieme
dell'università. Nel sottofondo
c'è l'autolimitazione moderna
della ragione, espressa in modo
classico nelle "critiche" di Kant,
nel frattempo però ulteriormente
radicalizzata dal pensiero delle
scienze naturali. Questo concetto
moderno della ragione si basa,
per dirla in breve, su una sintesi
tra platonismo (cartesianismo)
ed empirismo, che il successo
tecnico ha confermato. Da una
parte si presuppone la struttura
matematica della materia, la sua
per così dire razionalità intrinse-
ca, che rende possibile compren-
derla ed usarla nella sua efficacia
operativa: questo presupposto di
fondo è, per così dire, l'elemento
platonico nel concetto moderno
della natura. Dall'altra parte, si
tratta della utilizzabilità funzio-
nale della natura per i nostri sco-
pi, dove solo la possibilità di con-
trollare verità o falsità mediante
l'esperimento fornisce la certezza
decisiva. Il peso tra i due poli
può, a seconda delle circostanze,
stare più dall'una o più dall'altra
parte. Un pensatore così stretta-
mente positivista come J. Monod
si è dichiarato convinto platoni-
co.
Documenti
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Segue da pag. 5
"Questa pagina web è stata creata come esercizio da Carlo Auricchio, allievo del corso UNI3-Nichelino di Informatica Avanzata"

 

 

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