Cerca sul sito:



Cristo: quale risposta.
A
lcuni anni fa, quando pre-
se l’avvio l’iniziativa del
“Progetto Culturale”, per
le vie di Roma apparve su alcuni
manifesti una scritta: «CRISTO È
LA RISPOSTA!». Qualche buon-
tempone, ad uno di questi aggiun-
se: «GIÀ, MA QUAL ERA LA
DOMANDA.». Battuta irriveren-
te, senza dubbio. Ma anche indica-
tiva, a stilare qualche innocuo son-
daggio, di un certo logorio: una
difficoltà – per dirla tutta – nel de-
clinare per l’esistenza umana, pri-
ma ancora che nel particolare di
vissuti personali, una realtà come
la salvezza.
Lo dico fin da subito: per diven-
tare cristiani testimoni, discepoli e
non solo ambiguamente ‘credenti’
(lo sono anche i demoni! vedi: Mc
5,1-20), occorre aver fatto l’espe-
rienza in prima persona di un in-
contro decisivo e liberante con il
Signore. Occorre – per usare le pa-
role di S. Paolo – poter arrivare a
confessare che Gesù è il Cristo del-
la propria vita, che «ha dato se
stesso per me» (Gal 2,20).
Ma non meno importante, per il
maturare di una fede che si voglia
capace di permeare la vita nel suo
insieme, è acquisire la consapevo-
lezza della portata positiva di quel-
l’affermazione: imparando cioè a
riconoscere in Cristo il pavimento
delle proprie decisioni, l’orizzonte
delle proprie speranze, il cielo dei
propri sogni, soprattutto: le ali del
proprio impegno. E saperne spie-
gare il perché. Ripetere che la sal-
vezza è dal peccato, dalla morte e
dal male, e limitarsi a questo, si-
gnificherebbe attestarsi sulla so-
glia del regno di Dio (per cui
Cristo si è speso) col rischio di non
entrarvi: riconoscendo – questo sì
– le porte aperte per grazia, ma
senza avere il coraggio di oltrepas-
sarle con fiducia e letizia.
In principio, la vita
I
l problema, in parte, è culturale.
Quella in effetti che noi chiamia-
mo “salvezza” (in greco: s.t...a,
soterìa), aveva in origine un conte-
nuto più ampio degli angusti li-
miti in cui la teologia occidentale,
per certi aspetti, l’ha compresso.
La realtà veicolata da quella paro-
la, infatti, faceva appello a due si-
tuazioni: il pericolo da cui trarre
d’impaccio e la salute. Agli estre-
mi della minaccia da cui scappare
e della prosperità di cui godere,
era sottesa una serie di significati
intermedi legati alla profonda ve-
rità di una semplice constatazio-
ne: un naufrago si salva… perché
viva!
Se per un verso, dunque, la sal-
vezza poteva essere concepita co-
me liberazione (o per usare un
vocabolario tipico del gergo com-
merciale: come ‘riscatto’ o ‘re-
denzione’), per altro verso si sa-
peva pienamente espressa nelle
parole della cura: proteggere,
amare, promuovere, condivide-
re, appassionare. Un’unica realtà,
in altri termini, capace di offrirsi
allo sguardo come una fotografia
e il suo negativo: scampo dal ma-
le (il negativo) e pienezza di vita
(la salvezza vista nello splendore
dei suoi colori).
È in effetti su questo sfondo che
va compresa quell’affermazione
del Vangelo secondo Giovanni
che costituisce un po’ il biglietto
da visita di Gesù: «Sono venuto
perché abbiano la vita, e l’abbiano in
(sovr)abbondanza» (Gv 10,10). Ed è
ancora sullo sfondo di un intenso
e positivo amore per la vita, in
tutte le sue sfumature, che i primi
cristiani hanno presentato la sal-
vezza con una sorprendente ma
affascinante multiformità di espe-
rienze. Ne mostro di seguito alcu-
ni esempi, meditati a lungo con
un amico ormai in cielo, don
Franco Ardusso, tratti dalle pagi-
ne del Nuovo Testamento: «Cristo
salva dal peccato, dalla legge, dalla
morte e dalle tenebre; trasforma l’uo-
mo in nuova creatura, lo fa figlio tra-
mite il dono dello Spirito; gli comu-
nica la vita eterna e la libertà; parte-
cipa agli uomini l’amore del Padre,
dal quale nessuno li potrà mai sepa-
rare; dona pace, gioia, consolazione,
capacità di operare il bene, forza per
vincere le tentazioni, speranza nella
risurrezione e nella vittoria sull’ulti-
mo nemico, la morte; prepara un po-
sto in cielo e rende partecipi gli uomi-
ni della divina natura; abbatte il mu-
ro di divisione fra ebrei e gentili [i pa-
gani, gli altri], riconcilia e rende ca-
paci di perdonare. Pur essendo antici-
pata in questa vita come caparra, la
salvezza definitivamente compiuta,
inglobante l’intera creazione, è attesa
per il giorno in cui “Dio sarà tutto in
tutti”».
Un incontro trasformante
D
i fronte a tale ricchezza di
senso e varietà di espressio-
ni, ai ragazzi mostro che il centro
da cui tutto si diparte è la relazio-
ne di grazia con il Signore.
Propongo, di solito, l’immagine
della salvezza come una porta a
due ante: l’una il perdono, l’altra
un abbraccio. Entrambe sono il
frutto della volontà di Dio di ren-
dere partecipe ogni uomo della
Sua vita felice: questo è il cuore di
tutto. Prender parte alla Sua
bontà è quella che si chiama ‘co-
munione’, che nella Messa si rea-
lizza come mistero. Il motivo fon-
damentale è che la salvezza non è
un ‘cosa’, ma una relazione con il
bene, con la persona dell’Amore.
Nell’incontro personale con
Gesù, dunque, che si attua me-
M
i m
a
n
ch
i...
Editoriale
2
"Questa pagina web è stata creata come esercizio da Carlo Auricchio, allievo del corso UNI3-Nichelino di Informatica Avanzata"

 


Informativa sull'utilizzo dei cookie.
Questo sito utilizza cookie tecnici, di terze parti e di profilazione (propri e di altri siti) per migliorare la tua esperienza di navigazione. Se vuoi saperne di pił o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie clicca qui.
Se clicchi su OK oppure chiudi questo banner, acconsenti all'uso dei cookie. Ti ricordiamo che la mancata accettazione dei cookie tecnici potrebbero impedire alcune funzionalitą di questo sito.