persona e contro la giustizia sociale, il bisogno generale di
conversione. Il Papa, a nome di tutti i Cristiani, ha intonato
il "Signore Pietà", prima di abbracciare e baciare il crocifisso.
L'unicità del segno Giubilare della "purificazione della memoria",
con l'invito a riconoscere la colpe del passato, ha suscitato
contrastanti reazioni anche all'interno della comunità ecclesiale.
La ragione ultima dell'invito del Papa alla "purificazione della
memoria" va riconosciuta nella sua incondizionata fiducia nella
forza della Verità, che sola rende liberi: perciò egli insiste
nel sostenere che per la Chiesa la "domanda di perdono non deve
essere intesa come ostentazione di finta umiltà, né come rinnegamento
della sua storia bimillenaria certamente ricca di meriti nei campi
della carità, della cultura e della santità. Essa risponde invece
a un'irrinunciabile esigenza di verità che accanto agli aspetti
positivi, riconosce i limiti e le debolezze umane delle varie
generazioni dei discepoli di Cristo". Il riconoscimento delle
colpe passate è un atto di libertà, che esce dal calcolo dei risultati
immediati e si impone nell'orizzonte dell'obbedienza a Dio e alle
esigenze della Sua verità. Al di fuori di quest'ottica, ogni fraintendimento
resta possibile: all'interno di essa, la "purificazione della
memoria" produce i frutti dello Spirito, "amore, gioia, pace,
pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé"
(Gal 5,22). Contro queste cose - aggiunge l'Apostolo - "non c'è
legge": neanche quella apparentemente ferrea della prudenza umana
che voglia guadagnare consensi o mantenere posizioni acquisite,
piuttosto che obbedire alla verità di Dio e piacere a Lui solo.
Per individuare le colpe passate di cui chiedere perdono il giudizio
storico non basta: esso potrebbe giustificare qualunque azione
in nome delle circostanze e delle mentalità del tempo. Occorre
perciò unire all'indagine storica una valutazione morale ispirata
al Vangelo. "Ci si deve domandare: che cosa è precisamente avvenuto?
che cosa è stato propriamente detto e fatto? Solo quando a questi
interrogativi sarà data una risposta adeguata, frutto di un rigoroso
giudizio storico, ci si potrà anche chiedere se ciò che è avvenuto,
che è stato detto o compiuto può essere interpretato come conforme
o no al Vangelo, e, nel caso non lo fosse, se i figli della Chiesa
che hanno agito così avrebbero potuto rendersene conto a partire
dal contesto in cui operavano. Unicamente quando si perviene alla
certezza morale che quanto è stato fatto contro il Vangelo da
alcuni figli della Chiesa ed a suo nome avrebbe potuto essere
compreso da essi come tale ed evitato, può aver significato per
la Chiesa di oggi fare ammenda di colpe del passato". "La Chiesa
- afferma Giovanni Paolo II - non teme la verità che emerge dalla
storia ed è pronta a riconoscere gli sbagli, là dove sono accertati,
soprattutto quando si tratta del rispetto dovuto alle persone
e alle comunità". Soltanto la verità rende liberi (Gv 8,32). Ma
è possibile chiedere perdono per le colpe commesse da altri? Nel
caso della Chiesa, la risposta è affermativa, in quanto nessun'altra
comunità storica si identifica con tutti i suoi membri di tutte
le epoche come il popolo di Dio. Alla luce della fede, la presenza
del principio generatore della Chiesa, che è il Cristo vivente
per mezzo dello Spirito nella sua comunità, si riconosce in ogni
sua tappa storica. Inoltre, ci sono colpe i cui effetti permangono
nella storia al di là della scomparsa di loro autori. L'ammissione
della colpa e la richiesta di perdono equivalgono allora proprio
ad una "purificazione della memoria", intesa a rimuovere dalla
coscienza tutti quegli elementi di violenza e di rifiuto della
verità che possono ancora ostacolare il superamento delle lacerazioni
prodotte dalle colpe passate. La storia dell'abolizione delle
reciproche condanne fra i cristiani divisi mostra come un atto
presente possa avere rilevanza sul modo di percepire la memoria
e l'eredità in essa custodita: ciò vale non solo per i rapporti
fra le Chiese e comunità ecclesiali separate, ma anche per le
relazioni fra cristiani ed ebrei, per l'uso di metodi violenti
nella custodia e nel servizio della verità, per la controtestimonianza
e lo scandalo tante volte offerti dai credenti, causa di ateismo
o di indifferenza verso la proposta evangelica. "Vi è poi il mancato
discernimento di non pochi cristiani rispetto a situazioni di
violazione dei diritti umani fondamentali. La richiesta di perdono
vale per quanto è stato omesso o taciuto per debolezza o errata
valutazione, per ciò che è stato fatto o detto in modo indeciso
o poco idoneo". Si comprende come l'assunzione del peso delle
colpe passate abbia qui una notevole rilevanza in vista del superamento
di situazioni di ingiustizia e di sopraffazione, a volte giustificate
in nome del semplice mantenimento dello "status quo" secolare
di alcune società, pur caratterizzate dalla presenza massiccia
della Chiesa e delle sue istituzioni. "Riconoscere i cedimenti
di ieri - sottolinea il Papa - è atto di lealtà e di coraggio
che ci aiuta a rafforzare la nostra fede, rendendoci avvertiti
e pronti ad affrontare le tentazioni e le difficoltà dell'oggi".
Sarebbe auspicabile che ogni richiesta offerta di perdono si compisse
nel segno della reciprocità; tuttavia occorre essere disposti
a testimoniare la verità con spirito di gratuità totale. "I cristiani
sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi
dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse", ribadisce
il Papa, aggiungendo: "Lo facciamo senza nulla chiedere in cambio,
forti solo dell' "amore di Dio che è stato riversato nei nostri
cuori" (Rm 5,5)". Il carattere di esemplarità di tali atti andrebbe
recepito da tutte le istituzioni storiche per le quali potrebbe
esistere un'analoga "purificazione della memoria". Ad esse, Giovanni
Paolo II rivolge un esplicito invito: "Alle soglie del terzo millennio,
è legittimo sperare che i responsabili politici e i popoli, soprattutto
quelli coinvolti in drammatici conflitti, alimentati dall'odio
e dal ricordo di ferite spesso antiche, si lascino guidare dallo
spirito di perdono e di riconciliazione testimoniato dalla Chiesa
e si sforzino di risolvere i contrasti mediante un dialogo leale
ed aperto". Il soffio dello Spirito non esclude nessuno. (Per
ulteriori approfondimenti, si vedano "Il mea culpa come desiderio
di verità", di Bruno Forte, Il sole 24 ore, 12 marzo 2000 e "Memoria
e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato", Commissione
teologica Internazionale, Edizioni Paoline, 2000)
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