Augsburg/Augusta,
città bavarese, domenica 31 ottobre 1999: firma della Dichiarazione
congiunta tra cattolici e luterani sulla dottrina della giustificazione.
"Una pietra miliare nel dialogo. A mezzo millennio dallo "strappo"
di Lutero, cattolici e luterani di nuovo uniti su una questione
centrale della fede" (Avvenire); "Cattolici e luterani seppelliscono
ad Augusta le loro guerre di religione. Un accordo storico sulla
dottrina della giustificazione" (Le Monde). Questi sono soltanto
due dei molti titoli dei quotidiani italiani ed esteri, i quali,
con accenti diversi, hanno accompagnato la vigilia e il giorno
della firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della
giustificazione. La storica giornata ha avuto inizio con la celebrazione
della messa nel Duomo cattolico di Augusta, con omelia del vescovo
diocesano, mons. Viktor Dammertz e la partecipazione di circa
1.500 persone; erano presenti i cardinali Cassidy e Wetter, il
nunzio apostolico in Germania, arcivescovo Giovanni Lajolo, e
vescovi evangelici dei cinque continenti. Dopo la celebrazione
eucaristica, i partecipanti si sono diretti in processione per
le vie cittadine verso la chiesa protestante di Sant'Anna. Qui
è avvenuta la solenne cerimonia della firma della Dichiarazione
congiunta nel contesto di un servizio ecumenico. I mezzi di comunicazione
della Germania Federale, dove il tema della giustificazione è
rimasto sempre particolarmente vivo e sentito, hanno commentato
la firma della Dichiarazione come una svolta fondamentale nei
rapporti tra la Chiesa cattolica e quelle protestanti.
Un drammatico cammino
La firma della Dichiarazione tra
cattolici e luterani sulla dottrina della giustificazione è giunta
al termine del secondo millennio, che si era aperto con lo scisma
d'Oriente, tra cattolici e ortodossi (nel 1054) e che a metà del
suo decorso, nel XVI secolo, conobbe un'altra gravissima rottura
in Occidente. Va sottolineato il valore simbolico della data e
del luogo scelti per la firma della Dichiarazione congiunta sulla
giustificazione. Secondo l'aneddotica, il 31 ottobre 1517, vigilia
della festa di Ognissanti, il monaco agostiniano Martin Lutero
affisse le sue famose 95 tesi sulla porta della cappella del castello
di Wittemberg, in Germania. Ancora oggi, luterani e protestanti
di ogni confessione celebrano la "festa della Riforma" nella domenica
più vicina al 31 ottobre, ritenuta la data di nascita del protestantesimo.
Non meno carica di simbolo è la città tedesca di Augusta: nella
Dieta del 1518, trattando col card. Gaetano, inviato pontificio,
Lutero si rifiutò di ritrattare le sue 58 tesi contro le indulgenze
e contro il supremo magistero del Papa. È nella Dieta di Augusta
del 1530 che fu presentata all'imperatore Carlo V la "Confessio
Augustana", redatta principalmente da Filippo Melantone, discepolo
di Lutero. Da parte cattolica fu contrapposta una "Confutatio"
che venne contestata aspramente da Melantone con la sua "Apologia".
La "Confessio Augustana" venne poi approvata dall'omonima Dieta
imperiale del 1555 e un secolo più tardi confermata nella pace
di Vestfalia (1648). Nel 1555 fu stipulato il trattato tra l'imperatore
Carlo V e i protestanti (Pace di Augusta): ai prìncipi luterani
tedeschi venne concessa la libertà religiosa stabilendo il principio
"cuius regio eius et religio" (ogni suddito doveva seguire la
religione del suo principe): i sudditi che non si riconoscevano
nella religione del proprio sovrano avevano il diritto di espatriare.
"Fino alla sua morte - scriveva lo storico Joseph Lortz, ritenuto
"il maestro" della ricerca sul Riformatore - Lutero ha scorto
nella concezione della giustificazione l'essenza della sua dottrina,
quell'articolo col quale la vera Chiesa sta in piedi o cade. Egli
disse esplicitamente che, se il Papa avesse concesso a lui e ai
suoi seguaci questa dottrina, gli avrebbe baciato i piedi. Questo
lo poté dire perché, in primo luogo, aveva un'idea errata della
giustificazione cattolica e, in secondo luogo, perché la sua dottrina
della giustificazione implicava un nuovo concetto di Chiesa".
Secondo l'interpretazione di Lutero, la persona umana è radicalmente
corrotta dal peccato originale, per cui la volontà umana non può
operare nulla per la salvezza: essa può corrispondere "mere passive"
(del tutto passivamente) alla causalità assoluta di Dio. Quindi,
anche le opere buone non servono per la salvezza. Con ciò viene
svalutata del tutto la libertà umana, in quanto il libero arbitrio,
attributo esclusivo di Dio, sarebbe nell'uomo come una parola
vuota, del tutto inefficace per la sua salvezza. Da questa visione
teologica, fondata sulla percezione che Dio è tutto e l'uomo è
nulla, Lutero ha dedotto, tra l'altro, le sue implicazioni ecclesiologiche
vedendo nella Gerarchia cattolica, nel sacerdozio ministeriale
e nel Papato attentati dell'uomo a porsi al posto di Dio. La giustificazione
è stata la questione, fondata su un grande equivoco, che ha condotto
alla divisione tra i cristiani nel XVI secolo. Con profonda angustia
interiore, quasi sull'orlo della disperazione, si chiedeva: "Come
posso incontrare un Dio misericordioso?". Il concetto di giustizia
di Dio, di un Dio vendicatore che appare spesso nell'Antico Testamento,
lo ha tormentato a lungo. Nella Lettera di san Paolo ai Romani
(cfr 1,17) egli ha creduto di scoprire il concetto rivoluzionario
di una "giustizia salvifica" contro quello della "giustizia punitiva",
attribuito alla Chiesa cattolica. "Questa nuova soluzione (la
giustificazione salvifica attraverso la fede, ossia per grazia)
non era in se stessa che un'antica dottrina cattolica", infatti
"era nota a tutto il medioevo (attraverso S. Agostino) l'interpretazione
di giustizia salvifica"; in san Tommaso d'Aquino, nella cui opera
la grazia occupa un posto centrale, "perfino la giustizia distributiva
(punitiva) trova il suo ultimo compimento nella misericordia di
Dio" [1]. Anche l'espressione "sola Scriptura", cavallo di battaglia
di Lutero, è usata senza esitazione da san Tommaso ed essa, se
intesa bene è anche dottrina cattolica, significante "il fatto
decisivo che ogni verità cristiana è contenuta nella Scrittura"
[2]. La risposta cattolica alla questione della giustificazione,
che aveva infiammato e diviso tragicamente la cristianità del
XVI secolo, venne soprattutto dal Concilio di Trento col suo importantissimo
"Decretum de iustificatione", approvato il 13 gennaio 1547, nella
Sessione VI, svoltasi sotto il Papa Paolo III (cfr Denz.-Schönm.
1520-1583). È nota l'affermazione di Adolf von Harnack (1851-1930),
storico protestante tedesco delle origini cristiane, secondo il
quale, se il decreto tridentino fosse apparso 50 anni prima e
la Chiesa lo avesse attuato nella prassi, la riforma protestante
non avrebbe avuto motivo di essere. Condizionamenti storici e
motivi più politici che teologici impedirono l'avvicinamento tra
cattolici e luterani. Una svolta nei rapporti tra loro è stata
determinata dal Concilio Vaticano II e dal nuovo clima di dialogo
che esso ha avviato.
Il documento
I l testo approvato (detto della
"DG") si apre con una premessa nella quale si afferma: "Le interpretazioni
e applicazioni contraddittorie del messaggio biblico della giustificazione
sono state nel XVI secolo una causa primaria della divisione della
Chiesa d'Occidente" (n. 13). Nello stesso tempo, senza voler sconfessare
il passato delle rispettive Chiese, la DG, al seguito di un trentennio
di intenso dialogo ecumenico, indica lo scopo che si prefigge:
"Essa vuole mostrare che, sulla base di questo dialogo, le Chiese
luterane e la Chiesa cattolica che lo sottoscrivono sono ormai
in grado di enunciare una comprensione comune della nostra giustificazione
operata dalla grazia di Dio per mezzo della fede in Cristo". Dopo
questa premessa su precisazioni di metodo e di principio, la DG
sviluppa le diverse sezioni su: 1) Messaggio biblico della giustificazione;
2) La giustificazione come problema ecumenico; 3) La comune comprensione
della giustificazione; 4) La spiegazione della comune comprensione
della giustificazione. All'interno di questa sezione, la più lunga
(nn. 19-39) e storicamente la più controversa, vengono trattati
i temi: a) Incapacità e peccato dell'uomo di fronte alla giustificazione;
b) Giustificazione come perdono di peccati e azione che rende
giusti; c) Giustificazione mediante la fede e per grazia; d) L'essere
peccatore del giustificato; e) La Legge e il Vangelo; f) La certezza
della salvezza; g) Le buone opere del giustificato. La quinta
e ultima sezione tratta dell'importanza e della portata del consenso
raggiunto. Vi si afferma anzitutto che "alla luce di detto consenso
sono accettabili le differenze che sussistono per quanto riguarda
il linguaggio, gli sviluppi teologici e le accentuazioni particolari
che ha assunto la comprensione della giustificazione" descritta
nei numeri 18-39. Si precisa ancora che "le condanne dottrinali
del XVI secolo, nella misura in cui esse si riferiscono all'insegnamento
della giustificazione, appaiono sotto una nuova luce: l'insegnamento
delle Chiese luterane presentato in questa Dichiarazione non cade
sotto le condanne del Concilio di Trento. Le condanne delle Confessioni
luterane non colpiscono l'insegnamento della Chiesa cattolica
romana così come esso è presentato in questa dichiarazione" (n.
41). L'affermazione fondamentale: "Insieme crediamo che la giustificazione
è opera di Dio uno e trino. Il Padre ha inviato il Figlio nel
mondo per la salvezza dei peccatori. L'incarnazione, la morte
e la risurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto
della giustificazione. Pertanto, la giustificazione significa
che Cristo stesso è nostra giustizia, alla quale partecipiamo,
secondo la volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo. Insieme
confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per
mezzo della grazia, e nella fede nell'opera salvifica di Cristo,
noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale
rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone
opere" (n. 15). "Insieme confessiamo che l'uomo dipende interamente
per la sua salvezza dalla grazia salvifica di Dio. La libertà
che egli possiede nei confronti degli uomini e delle cose del
mondo non è una libertà dalla quale possa derivare la sua salvezza.
[...] La giustificazione avviene soltanto per opera della grazia"
(n. 19).
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Seguono le spiegazioni di parte cattolica e luterana
sul cooperare dell'uomo: "Quando i cattolici affermano che l'uomo,
predisponendosi alla giustificazione e alla sua accettazione,
"coopera" con il suo assenso all'azione giustificante di Dio,
essi considerano tale personale assenso non come un'azione derivante
dalle forze proprie dell'uomo, ma come effetto della grazia" (n.
20). "Insieme confessiamo che Dio perdona per grazia il peccato
dell'uomo e che, nel contempo, egli lo libera, durante la sua
vita, dal potere assoggettante del peccato donandogli la vita
nuova in Cristo. Quando l'uomo partecipa a Cristo nella fede,
Dio non gli imputa il suo peccato e fa agire in lui un amore attivo
mediante lo Spirito Santo" (n. 22); "Insieme confessiamo che il
peccatore viene giustificato mediante la fede nell'azione salvifica
di Dio in Cristo: questa salvezza gli viene donata dallo Spirito
Santo nel battesimo che è il fondamento di tutta la sua vita cristiana"
(n. 25); "Secondo il modo di comprendere luterano, Dio giustifica
il peccatore solo nella fede (sola fide)" (n. 26); "Anche secondo
il modo di comprendere cattolico la fede è fondamentale per la
giustificazione, infatti, senza di essa non può esservi giustificazione"
(n. 27).
Limiti e prospettive dei
traguardi raggiunti sulla giustificazione
N ella consapevolezza di aver raggiunto un grande risultato nel
dialogo ecumenico, ma di non aver ancora potuto centrare l'obiettivo
della ricomposizione visibile dell'unità dei cristiani, la stessa
DG indica i limiti connessi con l'acquisizione del consenso su
verità fondamentali circa la dottrina della giustificazione: ulteriori
chiarificazioni devono essere ancora apportate circa questioni
teologiche, come il rapporto esistente tra parola di Dio e insegnamento
della Chiesa, l'ecclesiologia, l'autorità nella Chiesa e la sua
unità, il ministero e i sacramenti, la relazione tra giustificazione
ed etica sociale (n. 43). Con sguardo interiormente più libero,
rispetto ai condizionamenti storici e sociali del passato, oggi
si possono affrontare con maggiore pacatezza gli altri temi che
ancora dividono cattolici e luterani.
Giovanni Marchesi S.I.
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