Perdono

Riflessioni sul perdono

"Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".

Così Gesù disse alla donna adultera con amore misericordioso, donandole un coraggio ed una forza che certamente le fecero assaporare la vera libertà. Il cammino in Cristo, pur ravvivato e sorretto dall'Eucarestia, si scontra frequentemente con la fragilità dell'uomo. Questo il Padre lo sa, e manda il suo unico Figlio in nostro soccorso: ci offre la possibilità di riconciliarci con Lui, mediante il sacramento del perdono. Tuttavia, nella sua celebrazione - che letteralmente è sinonimo di festa - ci troviamo di fronte a dubbi e fatica. È la realtà, molto spesso, di ragazzi, giovani e adulti. Quali sono gli ostacoli da superare? Credo sia impossibile elencarli tutti, ma sono sicuro che in molti, tra noi credenti, è presente una sorta di "pigrizia", la quale ci spinge a rimandare sempre l'incontro con Dio, pur sapendo quanto sia misericordioso ed edificante. Oppure, vi è la paura di esprimersi con sincerità davanti al sacerdote, per far emergere un'immagine di noi sempre bella, perfetta e priva d'errori. Si scorda quanto sia importante il donare se stessi a Dio così come si è, sapendo che Egli è buono e che non potrà mai disprezzare la persona che Egli stesso ha creato. Questo ci invita a rialzarci e a riprendere il cammino ad ogni caduta. Si possono presentare poi difficoltà ancor più ardue, quali l'assenza di speranza nell'opportunità - che il Signore offre sempre - di cambiare vita, o addirittura, la perdita del senso del peccato… D'altra parte, non è raro trovare chi si accosta alla Riconciliazione solo per ricevere il conforto del sacerdote, per sfogarsi con qualcuno, o per rimuovere il senso di colpa, non pensandoci più. Molti dimenticano che il punto fondamentale del perdono cristiano consiste invece nell'annientamento della colpa stessa, grazie al sacrificio di Gesù Cristo, che ha pagato per tutti i peccatori. Dopo un'attenta riflessione personale mi accorgo che molte difficoltà potrebbero essere affrontate con maggior successo, in un'ottica cristiana, con un'educazione ad una più esatta coscienza del peccato ed una formazione ad un autentico cammino di riconciliazione. Ma non è semplice… "…Non basta chiedere perdono a Dio con sincerità? Perché dovrei confessare i miei peccati ad un uomo?". Oppure, all'opposto: "…Se ho peccato contro il mio prossimo, per quale motivo dovrei chiedere perdono a Dio?". Questi atteggiamenti sono tipici di coloro che non comprendono la direzione ecclesiale e verticale (verso Dio) del peccato. Siamo di fronte ad un'attenuazione del senso di peccato, ma a che cosa è dovuta? Personalmente, ritengo che ci si senta meno peccatori perché, in realtà, si è meno liberi: siamo assoggettati ai condizionamenti della società, alla "mentalità di questo mondo" a cui si riferisce San Paolo. "Figurati se a Dio interessa questo o quel gesto della mia vita quotidiana…"; "Gli affari sono affari e gli interessi sono interessi: la vita ha le sue esigenze!"; o ancora: "Il sesso? Basta tabù!". Chissà quante volte abbiamo detto, pensato o ascoltato queste affermazioni. Chiediamoci poi quante volte non ci siamo accostati al confessionale perché abbiamo pensato di non aver commesso peccati gravi: "In fondo, il peccato mortale è cosa rara…". Spesso si è coscienti di questa perdita di libertà, ma si pretendono cure, alleviamenti, conforti, relax, consolazioni… invece di sentirsi debitori di un'umile confessione. Così certamente ci si allontana dal Sacramento: si aspetta più la comprensione del sacerdote che il perdono di Dio. Quale strada seguire, allora, per rimettersi in riga? Che cosa ci educa a sensibilizzare maggiormente la coscienza del peccato, la consapevolezza dell'amore misericordioso di Dio, nostro Padre, e della gratuità del suo perdono? Prima di tutto occorre abbandonare i sentimenti negativi: ricordiamoci sempre di lodare e ringraziare il Signore per tutti i suoi doni: Amore, Vita, talenti, amici, famiglia… Poi, riscopriamo l'esame di coscienza ed il confronto con la parola di Dio: teniamo presente che la consapevolezza di essere peccatori è un dono che viene dal Signore (tra senso di colpa e senso del peccato c'è differenza: quest'ultimo, infatti, emerge accogliendo la Parola all'interno di una vera esperienza di fede). Non dimentichiamo il significato del pentimento per i propri peccati, che è il dispiacere di aver offeso Gesù negando il Suo Amore. Infine, l'assoluzione: il culmine del cammino di riconciliazione. È la risposta della Chiesa al peccatore che esprime la volontà di conversione. Una risposta che è l'impronta visibile del perdono di Dio, che ci riporta a noi stessi e alla nostra libertà. Festeggiare il sacramento della Riconciliazione è una tappa essenziale per un vero cammino di conversione, nel quale non siamo mai arrivati e tanto meno disperiamo di arrivare, ma viviamo in pace l'incalzare di un Amore, di Dio Padre per noi, che in ogni istante avvolge lo spazio di un'intera esistenza! Un esempio di misericordia: "Quando una persona di virtù ordinaria commette un peccato, impiega qualche tempo per riprendere con Dio Padre quel tono e quella familiarità che prima aveva con lui, tralasciando in tal modo di valorizzare la mirabile generosità del cuore di Dio. Un santo, invece, quando commette una mancanza, corre subito a Dio come un bambino alla mamma sua e si confessa umilmente senza scuse o palliativi, come un figlio leale, onesto e confidente. E così riconquista immediatamente la gioiosa familiarità con Dio, senza permettere che la mancanza costituisca una ragione di distacco da Lui. Uno dei grandi segni di progresso nella vita interiore è proprio questa prontezza nel ritornare a Dio e rimettersi in pace con l'anima. La paura di non essere perdonati, di solito, accompagna e segue il peccato. Giuda rifiutò di credere che il nostro Signore Gesù potesse essere tanto buono da perdonarlo. Noi, anche se non disperiamo, in realtà ci comportiamo in maniera ben stolta e cattiva. Permettiamo che il primo effetto dei nostri peccati sia un distanziamento da Dio. Pensiamo di doverci nascondere ai suoi occhi. Ciò avviene perché abbiamo una tale stima di noi che quando cadiamo, pensiamo che gli stessi angeli debbano essere stupiti che sia accaduta una cosa sorprendente. Questo non è il modo di comportarsi dei santi, i quali, essendo umili, non si meravigliavano dei loro mancamenti. Facevano un atto di dolore ed erano ancora come prima col Signore. Erano vergognosi e addolorati, sì, ma non sorpresi." (Padre Daniel Considine)

Roberto Dal Zilio

 
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