Novena

Novena d'anni pentecostale

 

  Il dominio di sé

L' enkráteia, come frutto dello spirito, è una qualificazione della carità, nella quale si sostanziano tutti i frutti dello spirito. Pertanto essa comprende non soltanto il potere dominativo, la forza ordinatrice delle tendenze concupiscenti, ma anche l'attuazione di carità verso il prossimo. Il dominio di sé fa sì che il cristiano governi in tal modo tutti i settori della cupidigia, da essere non solo

gradito a Dio in tutto, ma anche capace di rispettare nei suoi fratelli, quali figli di Dio al pari di lui, la medesima dignità. Nella padronanza di sé infatti il cristiano dimostra rispetto verso se stesso e verso gli altri, tutti chiamati a quel rapporto filiare con Dio.Il frutto della padronanza di sé non è semplice ordinamento della cupidigia, ma anche una riverenza verso il prossimo, una espressione di amore rispettoso con tutte le sue delicatezze e riserve, una deferenza per la persona ed i diritti altrui. Un bell'esempio di rispetto per le persone, legato al dominio di sé, si trova nella prima lettera paolina ai corinzi. L'Apostolo, trattando il problema delle carni immolate agli idoli, insiste molto sul fatto che la carità esige di non scandalizzare la coscienza dei deboli: "Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò più carne, per non dare scandalo al mio fratello" (1 Cor 8, 13)...
Vediamo qui un invito alla rinuncia, anche di cose lecite, in nome della carità fraterna e in vista della ricompensa celeste. Infatti, scandalizzare un fratello, ancora debole nella fede, significa demoralizzarlo e renderlo vacillante nella fermezza dei suoi propositi, e quindi esposto al pericolo di una cattiva coscienza. Al contrario, un fratello debole deve essere sostenuto e incoraggiato dall'indulgenza benevola di coloro che sono già radicati nella grazia della fede. Il dominio di sé, benché personale dal punto di vista della virtù, dunque comporta anche una dimensione comunitaria, in quanto oltre a essere ispirato dalla carità verso i singoli contribuisce ad accrescere e manifestare nell'ambiente sociale lo splendore di questa virtù. Per esso il cristiano non soltanto è in grado di governare i moti istintivi della natura conformemente al Vangelo, ma anche di convivere in una società con delicato rispetto verso tutti. Non senza ragione esso è un frutto dello spirito, cioè grazia di Dio, dalla quale, anche in questo campo, viene la nostra capacità di operare il bene (2 Cor 3, 5).


(da J. Janssens-M.Ledrus, I frutti dello Spirito,
Ed. Ancora, Milano 19893, pp. 206-207)
 
| indice | home page |