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Ragione
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prima risposta è quella che viene
dalla fede: “Perché Dio si è rive-
lato all’umanità ed è entrato in
contatto personale con gli uomi-
ni, e perché si è rivelato definiti-
vamente in Gesù di Nazaret, l’in-
carnazione stessa di Dio”.
Questa fede in un Dio personale
trova tuttavia un sostegno in cer-
ti ragionamenti della nostra in-
telligenza. Quando riflettiamo,
vediamo che non mancano pro-
ve per affermare l’esistenza di
Dio. Prove che sono state elabo-
rate da pensatori sotto forma di
dimostrazioni filosofiche, se-
guendo un certo rigore logico.
Ma prove che, tradotte in termini
più semplici, possono essere ac-
cessibili ad ogni uomo che si in-
terroga sul perché del mondo
che lo circonda.
2. Quando si parla delle prove
dell’esistenza di Dio, è chiaro che
non si intende parlare di prove
scientifico-sperimentali. Le pro-
ve scientifiche, nel senso moder-
no del termine, valgono unica-
mente per le realtà percepibili
dai sensi, in quanto è solo su
queste che si possono usare gli
strumenti di ricerca e di control-
lo propri alla scienza.
Pretendere una prova scientifica
di Dio significherebbe abbassare
Dio al livello degli esseri del no-
stro mondo, commettendo già
un grave errore metodologico
nei confronti della natura di Dio.
La scienza deve riconoscere i
suoi limiti, anzi la sua impoten-
za, a verificare l’esistenza di Dio:
essa infatti non può né affermare
nè negare questa esistenza. Non
si deve per questo concludere
che gli scienziati sono incapaci di
trovare, nelle loro indagini, dei
motivi validi per ammettere l’e-
sistenza di Dio.
Se la scienza, come tale, non può
giungere a Dio, lo scienziato, la
cui intelligenza non si ferma alle
cose sensibili, può scoprire nel
mondo le ragioni per affermare
l’esistenza di un Essere che le su-
pera. Molti scienziati hanno fatto
e fanno questa scoperta.
Chiunque sa osservare, con spi-
rito aperto, ciò che implica l’esi-
stenza dell’universo, non può
non porsi il problema dell’origi-
ne. Istintivamente, quando sia-
mo testimoni di certi avveni-
menti, ci domandiamo quali ne
siano le cause. Come non porsi
allora lo stesso interrogativo di
fronte all’insieme degli esseri e
dei fenomeni
che scopria-
mo nel mon-
do.
3. Un’ipotesi
scientifica co-
me quella
dell’espansio-
ne dell’uni-
verso chiari-
sce meglio il
problema: se
l’universo è
in continua
espansione,
non bisogne-
rebbe forse ri-
salire nel tem-
po fino al
quel “mo-
mento inizia-
le” in cui l’e-
spansione eb-
be inizio. Ma,
a prescindere dalle teorie finora
avanzate per spiegare l’origine
dell’universo, non si può esclu-
dere il problema di fondo.
Questo universo in movimento
costante postula l’esistenza di
una Causa che, nel dargli l’esi-
stenza, gli ha impresso questo
movimento e non cessa di ali-
mentarlo. Senza questa Causa
suprema, il mondo e tutto ciò
che in esso “si muove” restereb-
bero inspiegati e inspiegabili, e
resterebbe insoddisfatta anche la
nostra intelligenza.
Lo spirito umano non può avere
risposta a tali interrogativi se
non ammette un Essere che ha
creato il mondo e le leggi del suo
dinamismo, che continua a man-
tenerlo nell’esistenza.
4. Una ragione in più per risalire
alla Causa suprema emerge poi
dalla constatazione della perfetta
organizzazione che la scienza
scopre nella struttura della mate-
ria. Quando l’intelligenza umana
si sforza con ogni mezzo di arri-
vare a conoscere la costituzione e
il funzionamento delle particelle
della materia, non è indotta forse
a farlo perché ne suppone l’origi-
ne in una intelligenza superiore
che ha concepito la “formula”
stessa della materia.
Di fronte alle meraviglie del
mondo infinitamente piccolo
dell’atomo, e del mondo infinita-
mente grande del cosmo, l’ani-
mo umano si sente assolutamen-
te limitato nelle sue possibilità
non solo di creare ma persino di
immaginare simili meraviglie. E
intuisce allora che un’opera di
tali qualità e dimensioni esige un
Creatore dotato di sconfinate sa-
pienza e di infinita potenza.
5. Anche la constatazione dell’e-
voluzione della vita conduce ad
analoghe conclusioni.
Lo sviluppo degli esseri viventi,
di cui la scienza cerca ancora di
individuare le tappe e i meccani-
smi evolutivi, presenta una fina-
lità interna che suscita ammira-
zione. Tale finalità, che orienta
gli esseri in una data direzione,
di cui non sono né padroni né re-
sponsabili, obbliga a supporre
l’esistenza di uno Spirito che ne è
l’inventore, il creatore. La storia
dell’umanità e la vita di ogni
persona manifestano una finalità
ancor più impressionante.
L’uomo non può rendersi conto
di tutto ciò che gli capita e perciò
deve riconoscere di non essere
lui il padrone del suo destino.
Non solo non si è fatto da se stes-
so, ma non ha nemmeno il pote-
re di guidare il corso degli avve-
nimenti durante la sua vita.
Nondimeno, è convinto di avere
un destino, lo cerca, lo assecon-
da. Talvolta scopre in certe circo-
stanze della vita una “mano
provvidente” che lo conduce.
Intuisce che Qualcuno lo accom-
pagna. Può allora riconoscerlo
come Colui che l’ha creato e che
orienta la sua vita.
6. L’universo che abitiamo si fa
ammirare, tra l’altro, per la sua
bellezza. Bellezze della natura,
ma anche bellezza di innumere-
voli opere d’arte, di letteratura,
di musica, di pittura, di arti pla-
stiche. Bellezza anche di tanti
comportamenti morali, di onesti
sentimenti, di gesti generosi ed
eroici. L’uomo è consapevole di
ricevere in dono tanta bellezza,
ma anche di contribuire in parte
a manifestarla. Egli la scopre e
l’ammira pienamente quando ne
riconosce l’origine nella bellezza
trascendente di Dio.
7. A tutti questi “indizi” dell’esi-
stenza di Dio creatore, certuni
oppongono invece la forza cieca
del caso o i meccanismi propri
della materia.
Parlare di caso a proposito di un
universo che presenta un’orga-
nizzazione così complessa nelle
sue componenti e un finalismo
così meraviglioso nella sua evo-
luzione significa rinunciare a
cercare una spiegazione ragione-
vole del mondo come ci appare.
In realtà, ciò equivale a voler am-
mettere degli effetti senza una
causa. E’ come se l’intelligenza
umana abdicasse a una sua pre-
rogativa, rinunciasse a pensare e
smettesse di cercare una soluzio-
ne ai suoi problemi.
Conclusione
U
na quantità di indizi, di “se-
gnali accesi”, avvertono
l’uomo desideroso di capire l’u-
niverso in cui vive, a orientare il
suo sguardo verso il Creatore. Le
indicazioni dell’esistenza di Dio
sono molteplici e convergenti.
Contribuiscono a far vedere co-
me la fede non mortifichi la ra-
gione, ma anzi la stimoli a riflet-
tere e le permetta di penetrare
meglio tutti i grandi “perché”
che nascono dall’osservazione
del reale.
Federico Ferrero
Segue da pag. 12
"Questa pagina web è stata creata come esercizio da Carlo Auricchio, allievo del corso UNI3-Nichelino di Informatica Avanzata"

 

 

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